Di Aristotele, chiamato nel Medioevo “il maestro di coloro che sanno”, possediamo solo vaghe impressioni e limitate notizie biografiche. La nostra scarsa testimonianza proviene da lettere, poesie e altro materiale di Stagira, Delfi e Atene. Inoltre, la biografia antica non è al di là di ogni sospetto, essendo stata compilata molto tempo dopo la vita di Aristotele. Per esempio, il testo più noto, Le vite e le opinioni dei filosofi eminenti di Diogene Laerzio (220 d.C.), è un mélange di fatti e finzione. Diogene ha questo da riferire su Aristotele: “Parlava con un labiale, e aveva anche gambe deboli e occhi piccoli, ma vestiva elegantemente e si distingueva per l’uso degli anelli e la sua acconciatura”

Se Aristotele fosse o meno un tale dandy non lo sapremo mai, ma è certo che la sua vita e il suo lavoro coincisero con la fine della polis greca. Aristotele fu testimone della sconfitta di Atene e Tebe contro Filippo II a Cheronea (338 a.C.) e, sembra, fu precettore del figlio di Filippo, Alessandro il Grande.

Nato nel 384 a.C. a Stagira, nel nord-ovest della Grecia, Aristotele, a differenza di Platone, non era un rampollo dell’alta aristocrazia ateniese, e nemmeno un cittadino di Atene. Era uno straniero residente (un “metico”), uno straniero che era privato dei diritti politici. Tuttavia, proveniva da una famiglia rinomata. Suo padre Nicomaco era un medico reale alla corte macedone. Aristotele ricevette un’educazione di prim’ordine, che fu supervisionata dal suo tutore dopo la morte del padre. Nel 367, all’età di diciassette anni, Aristotele, a causa delle tensioni alla corte, andò ad Atene per studiare con Platone. L’Accademia di Platone era allora il centro intellettuale più rinomato del mondo greco, e la gente veniva da ogni parte per studiare, imparare e insegnare.

Per i successivi venti anni (367-347), Aristotele studiò con Platone e altri membri dell’Accademia-Speusippo, Xenocrate ed Eudosso di Cnido. Durante questo primo soggiorno ad Atene, Aristotele iniziò a tenere lezioni con una lavagna e ad usare vari strumenti scientifici e carte astronomiche, e apparentemente produsse le prime bozze delle sue opere di fisica, metafisica, etica, politica e retorica. Platone, il fondatore e capo dell’Accademia, era quarantacinque anni più anziano di Aristotele, e mentre non abbiamo informazioni affidabili sul loro rapporto, abbiamo le parole di Aristotele stesso sul suo maestro: “Naturalmente un tale esame è contrario a noi, dato che coloro che hanno introdotto quelle idee erano nostri amici. Tuttavia, … per la conservazione della verità, sembreremmo obbligati a non risparmiare i nostri stessi sentimenti, dato che siamo filosofi….” Da qui il famoso detto latino attribuito ad Aristotele (liberamente parafrasato dal greco dell’Etica Nicomachea): amicus Plato, sed magis amica veritas, “Platone è un amico, ma la verità è un amico migliore.”

Aristotele non sembra essersi occupato molto di questioni politiche nella polis, sebbene abbia fondato la politica come scienza autonoma. Detto questo, fece da mediatore tra il Macedone e varie città greche, cosa di cui i cittadini di Atene gli furono grati. La maggior parte del suo tempo fu consumata con i suoi studi, la ricerca e l’insegnamento. Se i resoconti antichi devono essere creduti, Aristotele parlava con arguzia incisiva e poteva tenere conferenze chiare e accattivanti. Diligente lettore, collezionista e pensatore, era sempre aperto al mondo e colto nei suoi modi, ben oltre gli insegnamenti dell’Accademia. Era magistralmente versato nelle opere dei sofisti, dei presocratici, degli scrittori di medicina, così come nella lirica, nell’epica e nel dramma greci, e nelle varie costituzioni del suo mondo.

Dopo la morte di Platone, Aristotele, all’età di trentotto anni, lasciò Atene a causa del pericolo politico. Considerato troppo amico dei Macedoni, che minacciavano la libertà della Grecia, si imbarcò, con il suo amico Ermia di Atarneo, nei suoi anni di viaggio (347-335/4). Ad Assus, in Asia Minore, Aristotele era ben fornito dal sovrano e libero di dedicarsi alla filosofia e alle scienze. Lì incontrò il suo collaboratore e amico, Teofrasto di Ereso. Alla fine sposò Pitia, sorella (o nipote) di Ermia, con la quale ebbe una figlia omonima e un figlio, Nicomaco.

Dopo la morte di Ermia nel 345, Aristotele si trasferì a Mitilene su Lesbo. Due anni dopo, su richiesta del re Filippo, si occupò dell’educazione del tredicenne Alessandro. La cosa stimola l’immaginazione: uno dei più grandi filosofi era l’insegnante di uno dei più potenti sovrani? Eppure Aristotele non menziona mai Alessandro in nessuna delle sue opere. Si dice, tuttavia, che Aristotele sia stato autore di un testo, Alessandro, o Sulle Colonie, e che abbia introdotto la saggezza greca al suo giovane allievo. Si dice che Aristotele fece fare una copia dell’Iliade di Omero per Alessandro, e che nella sua ammirazione per Achille, Alessandro la portò con sé nelle sue campagne. Dopo la distruzione di Tebe nel 335, e con essa la fine della resistenza greca al dominio macedone, Aristotele, quasi cinquantenne, tornò per il suo secondo soggiorno ad Atene (335/4-322). Durante questi dodici anni, Aristotele lavorò al Liceo vicino al monte Licabetto, un ginnasio aperto a tutti. A causa della sua particolare architettura era conosciuto anche come Peripatos, che significa “passeggiata”, o “sala per passeggiate e discussioni”. Qui Aristotele sistemò la sua straordinaria biblioteca e gli strumenti scientifici, e tenne conferenze pubbliche, nello stile dell’insegnamento e della ricerca dell’Accademia, revisionò opere precedenti ed elaborò nuove, e organizzò gruppi di ricerca.

Dopo la morte di Alessandro nel giugno 323, Aristotele lasciò nuovamente Atene. Temeva di cadere vittima di intrighi antimacedoni e di essere sospettato di empietà, l’accusa che aveva portato alla morte di Socrate (e prima di lui di Anassagora). Si ritirò nella casa di sua madre a Calcide, nell’Eubea. Morì per malattia poco dopo, nell’ottobre 322, all’età di sessantadue anni. Secondo i suoi desideri fu sepolto accanto a sua moglie Pythia.

Per ulteriori letture, vedi:

Robert Bartlett e Susan Collins eds., Action and Contemplation: Studies in the Moral and Political Thought of Aristotle, Albany: 1999.

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