“Time,” di David Shrigley

Nella sua ultima newsletter, Ann Friedman ha linkato un thread di twitter su come le persone vedono lo scorrere del tempo, un saggio sulla sinestesia del calendario, e questo passaggio dal romanzo del 2018 Flights di Olga Tokarczuk:

Una volta sull’autobus, espone la sua teoria del tempo. Dice che i popoli sedentari, i contadini, preferiscono i piaceri del tempo circolare, in cui ogni oggetto ed evento deve tornare al proprio inizio, raggomitolarsi in un embrione e ripetere il processo di maturazione e morte. Ma i nomadi e i mercanti, quando si mettevano in viaggio, dovevano inventarsi un altro tipo di tempo, un tempo che rispondesse meglio alle esigenze dei loro viaggi. Quel tempo è il tempo lineare, più pratico perché era in grado di misurare i progressi verso una meta o una destinazione, sale in percentuale. Ogni momento è unico, nessun momento può mai essere ripetuto. Questa idea favorisce l’assunzione del rischio, vivere la vita al massimo, cogliere l’attimo. Eppure l’innovazione è profondamente amara: quando il cambiamento nel tempo è irreversibile, la perdita e il lutto diventano cose quotidiane.

John Baldessari (RIP), dalla serie Goya

In Keep Going, sostengo un ritorno al tempo circolare – pensando alla vita creativa più come un ciclo, o una spirale:

La vita creativa non è lineare. Non è una linea retta dal punto A al punto B. È più simile a un ciclo, o una spirale, in cui si continua a tornare a un nuovo punto di partenza dopo ogni progetto. Non importa quanto successo tu abbia, non importa quale livello di realizzazione tu raggiunga, non sarai mai veramente “arrivato”.

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