Britanni e Sassoni
Dopo aver abbandonato la Britannia, con l’intenzione di non tornare più, gli Scozzesi e i Pitti non lo seppero subito, e sbarcarono a sciami dai loro vascelli di pelle e fecero più grandi devastazioni che mai, distruggendo tutto con il fuoco e la spada. Poi decisero di attaccare le mura, che erano state riparate di recente, e ne divennero presto padroni; i britannici si diedero alla macchia e i loro nemici, inseguendoli, fecero un terribile scempio dei fuggitivi, prendendo possesso delle loro città, che trovarono abbandonate dagli abitanti. Non avendo incontrato alcuna opposizione, invasero tutto il paese, provocando uno scempio generale e una devastazione che generò una terribile carestia. (fn. 1)
Questo produsse nuovi mali e una specie di guerra civile tra gli stessi Britanni, che erano obbligati, per il loro sostentamento, a saccheggiare e a prendere l’uno dall’altro quel poco che il nemico comune aveva lasciato loro.Alla fine la carestia divenne così generale, che i Britanni rimasti furono costretti a rifugiarsi nei boschi e a sopravvivere con la caccia, e in questa deplorevole condizione continuarono per alcuni anni.I Britanni ebbero allora dei re propri, ma elevarono al trono solo quelli che si distinguevano per la loro rapacità e crudeltà, e questi furono spesso assassinati, e uomini peggiori furono scelti al loro posto.-Così, in contrasto tra loro e allo stesso tempo pressati dalla carestia e inseguiti da un nemico spietato, ricorsero ancora una volta all’aiuto dei Romani, scrivendo a Ætius, che allora si consultava per la terza volta e governava l’impero occidentale, quasi con un dominio assoluto, per muoverlo a compassione. Ma Ætius, che si trovava allora in Gallia, non poteva o non voleva prestare loro la minima assistenza; l’imperatore, Valentiniano III, era allora in grande apprensione per una guerra con Attila, che minacciava l’intero impero occidentale. I Britanni, ormai disperati per qualsiasi soccorso da parte dei Romani, e ridotti dalle loro disgrazie all’estremo, non sapevano che misure prendere per liberarsi dalle loro sfortunate circostanze. Un gran numero di loro fuggì in Armorica, dove si suppone che si siano stabiliti i Britanni che accompagnarono Massimo in Gallia; altri si sottomisero agli Scozzesi e ai Pitti, acquistando un misero sostentamento con una schiavitù eterna; e alcuni pochi, uscendo in gruppi dai boschi e dalle caverne, vendettero al nemico mentre vagavano su e giù per il paese, e molti di loro furono fatti a pezzi. I Pitti, a causa della carestia e della miseria del paese, non avevano più motivo di continuare a rimanervi, e quindi si ritirarono in quelle parti intorno alle mura, che erano state abbandonate dai Britanni o abitate da coloro che si erano sottomessi ai loro nuovi padroni; e gli Scozzesi tornarono a casa. I Britanni, avendo ora un po’ di tregua, ricominciarono a coltivare le loro terre, il che produsse un’abbondanza stupefacente; ma il lusso e l’agio che ne derivavano li fecero sprofondare nei massimi eccessi del vizio e della dissolutezza; in mezzo ai quali queste nazioni, tornando con incredibile furia, misero tutto a ferro e fuoco, e ben presto ridussero questo popolo infelice all’estremo. (fn. 2)
Nelle loro angosce, come unico rimedio possibile alle loro calamità, i Britanni, in un’assemblea generale, avevano eletto Vortigern come loro capo o monarca superiore su tutta la nazione, come colui che avrebbe gestito la guerra per loro e diretto tutti i loro affari contro il nemico comune. Ma la discordia che ora regnava tra molti degli stati impediva qualsiasi effetto positivo che potesse derivare da questa scelta; diversi dei loro grandi uomini, essendosi fortificati in diverse parti, agivano come re; e tutti questi piccoli tiranni, gelosi l’uno dell’altro, lungi dall’acconsentire alla suddetta elezione, combattevano solo per distruggere questo monarca, nella speranza di essere scelti al suo posto. In questo stato di confusione era impossibile per chiunque di loro sopravvivere a lungo. Vortigern, che era stato scelto come re, era un tiranno orgoglioso, bramoso e dissoluto, incurante del benessere pubblico, sebbene fosse stato scelto solo per promuoverlo. Tuttavia, essendo in quel momento destato dai clamori del popolo da tutte le parti, e allarmato per la sua stessa conservazione, convocò una riunione dei capi della nazione, per consultarsi sui mezzi adeguati per liberare il paese dalle calamità in cui allora gemeva. In questa assemblea, i Britanni, quasi distratti e senza speranza per la loro condizione angosciosa, decisero un espediente il più pernicioso che si potesse immaginare, e che alla fine si rivelò la distruzione totale della nazione. Si trattava di invitare i sassoni a venire in loro soccorso, un popolo a quel tempo famoso per le sue piraterie e crudeltà, e temuto, anche dagli stessi britannici, come la morte stessa. (fn. 3)
I Sassoni erano, secondo l’opinione più probabile, una colonia dei Cimbri, cioè degli abitanti del Cersonesus cimbro, oggi Jutland, i quali, trovando il loro paese sovraffollato di abitanti, mandarono, molto più o meno nello stesso periodo, tre numerose compagnie a cercare nuovi insediamenti. Ad una di queste compagnie fu poi dato il nome di Sueviani, ad un’altra quello di Franchi, e alla terza il nome di Sassoni. I Svevi presero la loro strada verso l’Italia, i Franchi avanzarono verso la Gallia Belgica, e i Sassoni si impossessarono di tutto il paese tra il Reno e l’Elba, e dopo, per gradi, estesero le conquiste lungo le coste dell’oceano tedesco, e quando i Britanni mandarono a implorare la loro assistenza, erano padroni non solo dell’attuale Westfalia, Sassonia, Frisia orientale e occidentale, ma anche di Olanda e Zelanda. Il primo luogo in cui questo popolo si stabilì, quando lasciò il Chersonesus, fu l’attuale ducato di Holstein, che da allora è chiamato l’antica impresa dei Sassoni. Tra questo paese e il Chersonesus, o Jutland, viveva un popolo conosciuto anche al tempo di Tacito, con il nome di Angli. Secondo questo racconto copiato da Beda, gli Angli abitavano quella piccola provincia nel regno di Danimarca e nel ducato di Sleswick, che oggi si chiama Angel, e di cui la città di Flensburgh è la metropoli.- Hengist e Horsa vennero da questo paese degli Angli in Britannia, che da allora fu chiamata Anglia. (fn. 4)
Al tempo in cui i Sassoni uscirono dal Chersonesus, in cerca di nuovi insediamenti, furono raggiunti dagli Angli, che, col tempo, divennero una sola nazione con loro. Perciò essi sono, dalla maggior parte degli autori, compresi sotto il nome generale di Sassoni, anche se alcuni li distinguono con il nome composto di Anglo-Sassoni. Qualche tempo dopo che i Sassoni, i Franchi e i Suevi avevano lasciato il Chersonesus, i Goti, dopo aver cacciato i Cimbri che erano rimasti, si fecero padroni di quella penisola, che fu d’ora in poi chiamata Gothland o Jutland, dai suoi abitanti i Goti o Jutes. Un gran numero di questi Goti o Juti, mescolandosi con i Sassoni e gli Angli, vennero con loro di tanto in tanto, per condividere le loro conquiste, e stabilendosi con loro, furono considerati in seguito come un unico e medesimo popolo; Ma essendo pochi, persero il nome di Jutes e, insieme agli Angles, furono composti sotto il nome generale di Saxons; ma non furono conosciuti dai Romani fino alla fine del quarto secolo; Eutrophius, Ammianus Marcellinus e il poeta Claudian sono i primi scrittori romani che ne fanno menzione. Erano considerati i più valorosi di tutti i Germani, sia per la grandezza d’animo che per la forza del corpo e la costituzione robusta. I Romani li temevano sopra tutti gli altri, perché i loro movimenti erano sempre improvvisi e il loro coraggio e la loro attività erano terribili. Erano notevoli per la loro castità, e nelle loro persone per la loro altezza, la simmetria delle parti e l’esattezza dei lineamenti. Portavano i capelli che pendevano dalle spalle; i loro mantelli erano corti e stretti, e le loro armature lunghe come lance. Quando stavano in piedi, si appoggiavano a piccoli scudi e portavano una specie di coltelli appesi davanti. Ma prima si radevano la testa fino alla pelle, tranne un po’ sopra la corona, e portavano una placca intorno alla testa. (fn. 5)
Questo Sidonius Appollinaris lo indica chiaramente in questi versi, lib. viii. epist. 9.
“Istic Saxona cærulum videmus
Adsuetum antè salo solum timere,
Cujus verticis extimas per oras
Non contenta suos tenere morsus
Altat lamina marginem comarum.
Et sic crinibus ad cutem rescissis,
Decrescit caput, additurque vultus.”
Qui vedemmo la porpora sassone in piedi,
Usata al mare mosso, ma tremante sulla terra.
La piastra gelata, che sulla loro corona portano
In un grande ciuffo spinge su i loro capelli folti;
Il resto lo tengono ben rasato; e così il loro viso
appare ancora più grande, mentre la loro testa si riduce.
Camd. Britt. p. clxii.
Erano mirabilmente abili negli affari navali, e con i loro lunghi e continui saccheggi, si erano talmente abituati al mare, che si potrebbe quasi dire che temevano la terra. Infastidivano le coste della Gran Bretagna e della Francia, fino alla Spagna, a tal punto che si ritenne necessario sorvegliare le coste con ufficiali e soldati, nominati a questo scopo, contro qualsiasi tentativo che potessero fare su di esse, e questi, per questa ragione, furono chiamati Conti della costa sassone. Ma nonostante questo, con l’aiuto delle loro agili barche volanti, chiamate ciulti, in inglese, keel o yawl, riuscivano molto spesso a saccheggiare le nostre coste. Quando prendevano il mare con queste barche, c’erano tanti pirati quanti rematori; erano tutti allo stesso tempo padroni e servi, tutti istruiti e imparati in questo loro mestiere di rubare. In breve, il sassone era il nemico più terribile che si potesse ingaggiare. Se ti prendeva alla sprovvista, se ne andava in un attimo; disprezzava l’opposizione, e certamente ti tormentava, se non eri ben fornito. Se ti inseguiva, ti catturava senza dubbio; se volava, riusciva a scappare. I naufragi, lungi dallo spaventarlo, lo tempravano. Questa gente non solo comprendeva i pericoli dei mari, ma li conosceva intimamente. Se erano inseguiti nella tempesta, ciò dava loro l’opportunità di fuggire; se erano inseguiti, ciò assicurava loro di essere scoperti a distanza. Avventurarono prontamente la loro vita tra le onde e gli scogli, se c’era qualche speranza di sorprendere il loro nemico. Era loro abitudine, prima di gettare l’ancora e ripartire, prendere ogni decimo prigioniero e metterlo a morte con torture uguali e squisite, e questo era dovuto alla superstizione; dopo aver riunito quelli che dovevano morire, fingevano di temperare l’ingiustizia di metterli a morte con una apparente equità del sorteggio.
I sassoni erano così stranamente superstiziosi, che ogni volta che si discuteva di questioni importanti, oltre ai loro discorsi indovini, si orientavano principalmente con i nitriti dei cavalli, che consideravano come il più sicuro presagio. Per predire gli eventi bellici prendevano un prigioniero della nazione contro la quale volevano combattere e lo obbligavano a combattere un singolo combattimento con qualcuno del loro paese: ognuno doveva combattere con le armi della sua nazione e dal risultato concludevano quale parte avrebbe vinto. (fn. 6)
La loro religione era molto simile a quella delle altre nazioni del nord. Tra le loro divinità principali c’erano il Sole, la Luna, il celebre Woden, il suo fonThor, sua moglie Friga, o Fræa, Tuisco, Theutates, Hesus e Tharamis. Questi tre ultimi sono menzionati da Lucano, come Tuisco da Tacito. Al Sole e alla Luna furono consacrati i due primi giorni della settimana, chiamati da loro Domenica e Lunedì; Tuisco fu il fondatore della nazione tedesca, e a lui fu consacrato il Martedì. L’idolo successivo era Woden, che essi consideravano il loro dio della battaglia; i suoi sacrifici erano uomini, e il quarto giorno della settimana era consacrato a lui, e da lui chiamato mercoledì. Molti luoghi in Inghilterra traggono l’origine del loro nome da questo idolo, in particolare Wodensborough, o Winsborough, in questa contea.Thor, il dio dell’aria, che si pensava avesse a sua disposizione tempeste, venti, piogge e bel tempo, aveva il giovedì consacrato a lui, ed era di più stima tra loro che la maggior parte della poppa; credevano che il suo potere e la sua potenza fossero meravigliosi, e che non ci fosse popolo in tutto il mondo che non fosse sottomesso a lui, e non gli rendesse onore e adorazione divina. Friga, la successiva, era la dea del piacere, che aveva il giorno fisso assegnato al suo culto, e quindi chiamato, da lei, Venerdì. Il settimo giorno, o sabato, era destinato all’idolo Seator, altrimenti chiamato Crodo. (fn. 7) I Sassoni avevano, oltre a Thefe, molte altre divinità, alle quali prestavano grande venerazione, e tra le altre la dea Eostre, alla quale sacrificavano nel mese di aprile, che fu quindi da loro chiamato Easter Monath, o mese di Eostre; e quindi i Sassoni conservarono la parola Easter anche dopo la loro conversione alla religione cristiana, attribuendola alla festa solenne, che noi celebriamo in commemorazione della risurrezione del nostro Salvatore. (fn. 8)
Gli Angli, come leggiamo in Tacito, così come le altre nazioni vicine, veneravano Herthus, cioè la madre terra, credendo che si interessasse agli affari degli uomini e delle nazioni. (fn. 9) Per un resoconto più particolare del culto che i Sassoni prestavano ai loro dei e dei sacrifici che offrivano loro, si rimanda il lettore a Wormius, Verstegan, Isaacius Pontanus e altri scrittori tedeschi e danesi. Per quanto riguarda il loro governo, il paese soggetto a loro era, secondo Verstegan, diviso in dodici province, ognuna delle quali era governata da un capo, o capo, che rispondeva all’assemblea generale della nazione. Da questa assemblea veniva scelto un generale in tempo di guerra, che comandava con un potere quasi sovrano; ma la sua autorità cessava non appena la guerra finiva.
È ora di riprendere il filo della nostra storia, e tornare allo sbarco dei Sassoni su questa isola.
L’espediente di invitare qui i sassoni fu approvato dall’assemblea generale dei Britanni, e subito furono mandati messaggeri in Germania per offrire loro condizioni vantaggiose, a condizione che venissero in loro aiuto. I sassoni furono molto contenti della loro proposta, tanto più che i loro indovini avevano predetto che avrebbero saccheggiato il paese in cui erano stati chiamati per centocinquant’anni e che lo avrebbero posseduto in silenzio per il doppio del tempo. Avendo quindi equipaggiato tre lunghe navi, chiamate nella loro lingua chiules, presero il mare sotto la guida di Hengist e Horsa, figli di Wetgiffel, pronipote del celebre Woden, dal quale tutte le famiglie reali dei Sassoni derivano i loro pedigree. (fn. 10) Questi arrivarono a Ippedsfleet, ora chiamato Ebbsfleet, nell’isola di Thanet, un po’ più a nord del castello di Richborough, verso l’anno 449, (fn. 11) furono accolti lì, sia dal principe che dal popolo, con grandi manifestazioni di gioia. Fu immediatamente conclusa una lega con loro, in base alla quale dovevano difendere i Britanni contro tutti i nemici stranieri, e dovevano avere in cambio l’isola di Thanet assegnata loro come dimora, oltre alla paga e al mantenimento, evento che ebbe luogo alcuni anni prima, altri alcuni anni dopo; Beda e Flor.Gli storici non ci hanno detto quale fosse il numero di questi ausiliari sassoni, ma non poteva essere superiore a 1500, dato che arrivarono tutti in tre navi, e non si può ben supporre che una di queste navi portasse più di 500 uomini. I sassoni furono così messi in possesso dell’isola di Thanet, il re Vortigern non li lasciò a lungo senza impiego, ma li condusse contro gli scozzesi e i pitti, che erano avanzati fino a Stamford nel Lincolnshire, dove fu combattuta una battaglia, in cui questi ultimi furono completamente sbaragliati e costretti a fuggire precipitosamente, lasciando i sassoni in possesso del bottino e del bottino che avevano preso. (fn. 12) Dopo di che sconfissero così costantemente il nemico, che, scoraggiati da queste frequenti sconfitte, abbandonarono a poco a poco la loro conquista e si ritirarono nel loro paese, non temendo altro che l’incontro con i sassoni. (fn. 13) Più Hengist vedeva la fecondità e la ricchezza dell’isola, più ne era affascinato; e osservando che gli abitanti erano avviliti dal lusso e dediti all’agio e all’ozio, cominciò a nutrire la speranza di procurare ai suoi compatrioti un insediamento permanente in Britannia. Avendo quindi persuaso abilmente Vortigern del pericolo che correva, non solo da una nuova invasione degli Scozzesi e dei Pitti, ma dall’insolenza degli stessi Britanni, lo convinse ad assicurarsi dall’imminente tempesta, inviando altri Sassoni e rafforzandosi con il loro numero contro tutti i suoi nemici. Egli acconsentì prontamente, e Hengist allo stesso tempo fece conoscere ai suoi compatrioti la fertilità dell’isola e l’effeminatezza degli abitanti, invitandoli a condividere con lui il suo buon successo, di cui non aveva il minimo motivo di dubitare. (fn. 14)
I sassoni risposero prontamente a questo invito, e arrivando in diciassette grandi navi, nell’anno 450, l’anno dopo lo sbarco di Hengist, erano, come dice Ettore-Beti, in numero di 5000, oltre a mogli e figli, costituirono, con i loro connazionali già nell’isola, un esercito notevole. Con questo rifornimento arrivarono Oesc, o Esk, il figlio di Hengist, e, se si deve dare credito a Nennius, Rowena, sua figlia, dal cui fascino il re Vortigern fu così affascinato che, divorziando dalla sua legittima moglie, la sposò, dopo aver ottenuto, con molta difficoltà, il consenso del padre di lei, che fingeva di essere molto contrario alla partita, investendolo del governo del Kent. (fn. 15) Sebbene Hengist avesse sotto il suo comando un buon corpo di truppe in Britannia, non lo riteneva sufficiente per l’esecuzione del suo obiettivo determinato, la conquista dell’intero regno. Pertanto indusse il re, a poco a poco, a cercare di sua iniziativa la cosa che desiderava di più, cioè l’invio di un maggior numero di truppe sassoni, esagerando i pericoli che lo minacciavano da ogni parte, in particolare dal malcontento dei suoi sudditi, che sfogavano liberamente le loro lamentele contro entrambi. Questo nuovo rinforzo di sassoni, il terzo, arrivò in quaranta navi nell’anno 452, sotto la guida di Octa ed Ebusa, figlio e nipote, o, come altri diranno, fratello e nipote di Hengist. Arrivarono alle Orcadi e, dopo aver devastato lì e lungo tutta la costa settentrionale i paesi degli Scozzesi e dei Pitti, si fecero padroni di diversi luoghi al di là delle Fritte e, alla fine, ottennero dal re il permesso di stabilirsi nel Northumberland, con lo specioso pretesto di assicurarsi le parti settentrionali, come Hengist fece con quelle meridionali; dopo di che, invadendo ancora il favore del re, Hengist mandò a poco a poco altri uomini e navi, finché i paesi da cui venivano rimasero quasi senza abitanti. I Sassoni, aumentati di numero con questi mezzi, cominciarono a litigare con i Britanni, esigendo maggiori quantità di grano e di altre provviste e minacciando, se le loro richieste non fossero state soddisfatte, di rompere la lega e di distruggere l’intero paese. I Britanni furono sorpresi dalle minacce e, pur temendo che i Sassoni fossero abbastanza potenti da fare ciò che minacciavano, rifiutarono le loro richieste e li invitarono, se non erano soddisfatti, a tornare a casa, poiché il loro numero superava quello che erano in grado di mantenere.-Questa risposta, per quanto giusta e ragionevole, allo stesso tempo provocò i sassoni, dando loro l’opportunità di mettere in atto il loro disegno a lungo desiderato; perciò, dopo aver concluso segretamente la pace con gli scozzesi e i pitti, cominciarono a rivolgere le loro armi contro coloro che erano venuti a difendere, e per tutta l’isola distrussero ogni cosa con il fuoco e la spada, ovunque li portasse la loro furia. La maggior parte degli edifici pubblici e privati furono rasi al suolo; le città furono saccheggiate e bruciate; i sacerdoti uccisi sugli altari e la gente, senza distinzione di età, sesso o condizione, massacrata in massa in tutto il paese. Una parte degli infelici britannici, sfuggiti alla furia dei sassoni, si rifugiò tra le rocce e le montagne del Galles e della Cornovaglia; un gran numero di essi morì di fame o fu costretto dall’estrema carestia ad abbandonare il proprio asilo e, consegnandosi, preservò la propria vita a costo della libertà; alcuni, attraversando il mare, si rifugiarono presso nazioni straniere e quelli che rimasero in patria soffrirono calamità indicibili, in perenne apprensione e mancanza di beni di prima necessità. (fn. 16) – Nel frattempo i Britanni, considerando la parzialità che il re Vortigern aveva continuamente mostrato ai Sassoni come la causa principale delle loro miserie, e provocati dalla sua codardia e dalla sua disattenzione per il loro benessere, lo deposero; infatti, pur lasciandogli il titolo di re insieme a suo figlio Vortimer, tutto il comando e il potere reale fu conferito a quest’ultimo, che fu così elevato al trono; il quale, essendo un giovane coraggioso e valoroso, intraprese la difesa del suo paese in difficoltà; ciò avvenne nell’anno 454. (fn. 17)
Era circa cinque anni dopo il primo sbarco dei Sassoni, che i Britanni, sotto il comando di Vortimer, cominciarono a farsi avanti contro di loro. Diverse battaglie sanguinose e scaramucce furono combattute tra loro, come concordano sia gli scrittori sassoni che quelli britannici, anche se differiscono molto, sia per quanto riguarda il tempo di questi scontri, sia per quanto riguarda il loro successo, dato che il successo ha colpito entrambe le parti. Vortimer, dopo aver radunato le sue forze, le condusse contro i sassoni ed ebbe il suo primo incontro con loro sulle rive del Darent, in questa contea; nel quale sembra probabile che i sassoni furono sconfitti, mentre si ritirarono dal loro nemico, che li seguì fino ad Aylesford, dove fu combattuta una sanguinosa battaglia tra loro, nell’anno 455, il cui successo rimase uguale per molto tempo, sebbene alla fine la vittoria andò ai britannici.In questo duro scontro Horsa, fratello di Hengist, e Catigern, fratello di Vortimer, combatterono mano nella mano e furono entrambi uccisi sul posto. (fn. 18) Il primo fu sepolto sul lato orientale del Medway, in un luogo che da lui conserva ancora il nome di Horsted; e Catigern ancora più vicino al campo di battaglia, (da cui sembra probabile che i Britanni ne siano rimasti padroni) nella parrocchia di Aylesford, dove si suppone che gli sia stato eretto un rude monumento, un po’ come a Stonehenge, che rimane tuttora, e si chiama Kitscotyhouse, che è, come alcuni lo interpretano, Catigerns-house.Per un certo spazio intorno alla collina, vicino alla quale fu combattuta questa battaglia, ci sono grandi pietre sparse sul terreno, alcune in piedi e altre cadute con il tempo, che senza dubbio furono collocate lì in memoria di alcuni caduti in questo famoso scontro. Alcuni hanno immaginato che queste pietre fossero state portate dalla cava sull’altro lato del fiume Medway, a sei miglia di distanza; ma sicuramente non c’era occasione per questo disturbo superfluo, quando c’erano cave sia a Sandling che ad Allington, entro due miglia dal luogo. Altri hanno immaginato che non fossero il prodotto di nessuno dei due, ma che fossero piuttosto del tipo di ciottolo, di cui questa parte del paese abbonda; uno di questo tipo sembra giacere nel suo letto naturale di terra, in cima a Boxley-hill, vicino alla strada di Maidstone in questo momento.
Vortimer seguì ancora i sassoni in ritirata, e raggiungendoli di nuovo in riva al mare, vicino a Folkestone, combatté una terza battaglia con loro, tra quel luogo e Hythe; e, ottenendo una vittoria completa, li spinse nell’isola di Thanet. C’è molta differenza tra gli scrittori riguardo al luogo in cui questa battaglia fu combattuta; alcuni affermano che sia stata a Wippedesflete, ora Ebbsfleet, nel Thanet; ma poiché i Britanni cacciarono i Sassoni, dopo questa battaglia, in quell’isola, il campo di battaglia non poteva essere in essa.Nennius e altri dicono che fu combattuta in un campo sulla riva del mare Gallico, dove si trovava il Lapis Tituli, che Camden e Usher prendono per Stonar, nell’isola di Thanet; ma Somner e Stillingfleet, invece di Lapis Tituli, leggono Lapis Populi, cioè Folkestone, dove fu combattuta questa battaglia. Ciò che aggiunge forza a quest’ultima congettura sono i due vasti cumuli di teschi e di ossa ammucchiati in due volte sotto le chiese di Folkestone e di Hythe; i quali, per il loro numero, non potevano che provenire da qualche battaglia; sembrano, per il loro candore, essere stati tutti sbiancati, giacendo per qualche tempo sulla riva del mare. Probabilmente quelli di Hythe erano dei Britanni e quelli di Folkestone dei Sassoni. Accadde nell’anno 456; e l’anno successivo morì Vortimer. (fn. 19) Da queste continue scene di massacro, entrambe le parti erano così indebolite, che per qualche tempo dopo nessuno dei due invase il territorio dell’altro.
I sassoni, ritiratisi così nel paese che era stato loro concesso da Vortigern, cioè nel Kent e nel Northumberland, vi rimasero tranquilli fino alla morte di Vortimer, che morì, come ci dicono i nostri storici, dopo un breve regno di meno di cinque anni; e aggiungono che, al suo letto di morte, volle essere sepolto vicino al luogo dove i Sassoni erano soliti sbarcare, convinto che le sue ossa li avrebbero dissuasi dal fare qualsiasi tentativo in futuro; ma lo seppellirono altrove: Matteo di Westminster dice, a Londra; Nennius e altri dicono, a Lincoln. Non appena Hengist fu informato della sua morte, tornò con un numeroso corpo di sassoni; e sbarcando, nonostante ogni opposizione, combatté diverse battaglie con i britannici, sotto il comando di Vortigern, che, alla morte di suo figlio Vortimer, era stato restaurato al trono. In una di queste battaglie, che fu combattuta nell’anno 457, a Crecanford, ora chiamata Crayford, in questa contea, i Britanni furono abbattuti, con la perdita di quattromila uomini, il che li costrinse ad abbandonare il Kent e a ritirarsi a Londra; da quel momento solo Hengist è detto, da alcuni, aver assunto il titolo di re del Kent, otto anni dopo il primo arrivo dei Sassoni in Gran Bretagna. (fn. 20) L’unica circostanza che avrebbe potuto salvare i Britanni, si rivelò, attraverso le loro irragionevoli fazioni e animosità, la loro completa rovina. Infatti Aurelio Ambrosio, secondogenito di Costantino, essendo sbarcato con un considerevole corpo di forze dall’Armorica, grazie al favore di Aldroen, re di quel paese, Vortigern e il suo partito, considerandolo un usurpatore, che veniva ad impadronirsi della corona con la scusa di difenderla, raccolsero tutte le forze possibili e decisero di portare avanti la guerra contro di lui, come un nemico più pericoloso, se possibile, dei Sassoni stessi. Alla fine entrambe le parti si scatenarono al massimo della furia, ne seguì una guerra civile che durò sette o otto anni (fn. 21) e così gli sventurati Britanni, sempre in preda alle loro divisioni intestine, invece di unirsi contro il nemico comune, si distrussero a vicenda. Alla fine, i più saggi di entrambe le parti, considerando che questi dissensi sarebbero stati la causa della loro rovina comune, vi posero fine abbandonando il regno. Vortigern ebbe la parte orientale e Ambrosio la parte occidentale della Britannia, eccetto le parti possedute e abitate dai Sassoni; queste divisioni erano separate l’una dall’altra dalla strada romana, chiamata in seguito Watling-street.
Poiché i dissensi civili tra i Britanni furono così placati, entrambe le parti si unirono contro il loro nemico comune, i Sassoni. Questa guerra fu portata avanti con vari successi, fino a quando entrambe le parti, stanche delle continue perdite, senza il vantaggio o la prospettiva di conquista da entrambe le parti, cominciarono a mostrare inclinazioni per la pace, che fu ben presto conclusa tra loro, probabilmente alle condizioni che ciascuno avrebbe dovuto mantenere il paese che già possedeva. Hengist, che di tanto in tanto aveva nutrito la speranza di possedere l’intera isola della Britannia, fu ora costretto, dopo una guerra ventennale, a rinunciarvi e ad accontentarsi in apparenza del Kent e di qualche altro piccolo distretto. Non che fosse davvero così; egli continuava ad essere preda della sua sconfinata ambizione, e risolveva nella sua mente di ottenere con la frode e il tradimento ciò che non poteva ottenere apertamente con la forza delle armi. A tal fine, ogni cosa che faceva sembrava mostrare la sua sincera intenzione di vivere in perfetta unione con i Britanni e di mantenere una buona intesa tra le due nazioni. I principi avevano frequenti rapporti reciproci e, come segno della sua indole pacifica e contenta, invitò Vortigern, di cui conosceva bene l’attaccamento al piacere, a uno splendido spettacolo. Vortigern vi si recò, accompagnato da trecento membri della sua prima nobiltà, e disarmato, perché non sospettava alcun tradimento; ma verso la fine della festa, poiché Hengist aveva voluto sollevare una lite, i sassoni si alzarono al segnale dato, e ognuno di loro inviò il suo vicino con pugnali o spade corte, che avevano nascosto a tal fine. (fn. 22) Solo Vortigern fu risparmiato, come aveva ordinato Hengist, e, trattenuto come prigioniero, fu costretto, come riscatto per la sua libertà, a cedere ai sassoni un ampio tratto di terra confinante con il Kent, che Hengist aggiunse ai suoi precedenti territori. Questa fu in seguito divisa in tre province e popolata dai sassoni; la parte che era piantata a est rispetto al più grande fu chiamata East-sexa, o Seaxe, oggi Essex; quella che era a sud dello stesso, Suth-seaxe, o Sussex; e quella che era nel mezzo tra loro, Middel-seaxe, oggi Middlesex. Da questo momento non ci sarà più occasione di seguire i sassoni nei loro vari spostamenti attraverso le altre parti della Britannia, né di prendere nota delle calamità e delle distrazioni che prevalsero in esse per alcuni anni. È sufficiente menzionare che d’ora in poi i Sassoni si sparsero sempre più su tutta la faccia della Britannia e fecero rapidi progressi verso quel saldo insediamento in essa, per il quale si erano contesi tanti anni, e che ogni volta che ci saranno delle transazioni tra loro e i Britanni, in cui è coinvolto il regno di Kent, esse saranno prese in considerazione di seguito, nel racconto dei regni dei vari monarchi centesi.